Ho letto “Infodemia, dal paziente zero ai vaccini, come il Covid ha contagiato l’informazione”, un libro di Patrizia Gazzotti, Edizioni Artestampa, 2021 (85 pagine, 15,00 euro). Già il sottotitolo è illuminante sul tema di questo volume snello ma completo. Patrizia è un’addetta ai lavori: giornalista, ha lavorato come addetta stampa e recentemente ha fondato un’agenzia di comunicazione. In questa veste ha studiato l’infodemia – cioè letteralmente la circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi (Treccani.it) – che si è scatenata in parallelo alla pandemia di Coronavirus.
Il racconto comincia dal 31 dicembre 2019, quando le autorità cinesi ammisero l’esistenza del Sars-Cov-2, giunge poi al fatidico 20 febbraio 2020, quando a Codogno venne identificato il paziente zero italiano, un 38enne. Infine, ecco il 10 marzo 2020 col primo lockdown totale. Cominciava così l’incubo dal quale ancora oggi stentiamo a svegliarci. Le tappe fondamentali della pandemia servono all’autrice come mappa per affrontare il tema dell’infodemia. L’emergenza sanitaria ha precipitato l’informazione in uno stato di emergenza da cui non è ancora uscita: la prima pandemia dell’era dei social media ha impattato con forza sull’informazione.
L’autrice analizza le dinamiche, distorte, dell’infodemia riportando articoli e dati tratti da fonti autorevoli. Fornisce esempi di fake news e li scompone, cercandone le cause prima di smontarle. Un esempio è quello del “miracoloso” farmaco giapponese, l’Avigan (o Favipiravir) che per motivi “sospetti” non sarebbe stato diffuso in Europa. La notizia venne diffusa nel marzo 2020 tramite un video che divenne virale. La pressione dell’opinione pubblica fu tale che, pur in assenza di evidenze scientifiche, alcune Regioni italiane chiesero all’AIFA di sperimentarlo. Infine, lo stesso autore del video ritrattò e il farmaco si dimostrò inefficace. Quante speranze mal riposte! E quanto tempo perso che si sarebbe potuto impiegare meglio!
L’autrice dedica un capitolo all’identikit del cosiddetto “negazionista”, ovvero colui che nega l’esistenza del Covid, ci accompagna poi a conoscere la spettacolarizzazione giornalistica e a osservare da vicino le diverse narrazioni della pandemia. Il tema del racconto sanitario, dell’ossessione per dati spesso contraddittori tra loro, il continuo ricorso ad esperti. Molto interessante il capitolo relativo alla narrazione, seguita al lockdown, della casa come luogo sicuro e della riscoperta di valori come lentezza, interiorità, solidarietà. Una narrazione che ha finito per dividere le persone tra buoni e cattivi, trovando di volta in volta il nemico su cui scaricare la propria frustrazione.
Gli spunti di riflessione che scaturiscono dalla lettura del libro sono molti e il volume, pur snello, è davvero denso di suggestioni. A mio avviso è un ottimo strumento per comprendere meglio le dinamiche di questo periodo così tormentato, per questo ne consiglio la lettura.
Gabriele Sorrentino