PROTOCOLLO 19 di Gabriele Sorrentino
Ci sarà un tempo e un luogo, nel quale ricordare per nutrirsi di dubbi o di nostalgia. Ecco un nuovo racconto di Gabriele Sorrentino.
31 dicembre 100 Nuova Era, ore 23.31.
“Bersaglio individuato, Eco 1”. Nell’auricolare dell’esoscheletro da battaglia, la voce di Eco 4 era metallica. La squadra Eco era dotata del meglio che la Difesa poteva offrire per azioni di commando.
Gli Esoscheletri di Terza Classe avevano da poco sostituito quelli di Seconda, ancora utilizzati dalle forze di Polizia. Rispetto al vecchio modello, assicuravano una protezione integrale, maggiore leggerezza e libertà di movimento, avevano una nuova pila atomica con un’autonomia di due giorni. I nuovi sensori erano formidabili, connessi direttamente alla corteccia cerebrale, rendevano l’esoscheletro in titanio una perfetta estensione della coscienza. Gli angoli ciechi e il ritardo di trasmissione dei modelli precedenti erano un fastidioso ricordo.
“Manovra a ventaglio – risposi – di questi terroristi non ci si può fidare. Prestiamo attenzione”.
Nella mia mente era ancora doloroso il ricordo della trappola che due anni prima mi era costata mezza squadra. Osservai il casolare isolato nella pianura nebbiosa, battuta da una fastidiosa pioggerella. Sopra di noi, il cielo cupo era dominato dalle luci delle Città Orbitanti.
“Queste dannate feste di Capodanno sono sempre pericolose”- si lamentò Eco 3.
Chiara, così si chiamava, era il loro miglior artificiere. Solo grazie alla sua perizia, nel Capodanno del 98 Nuova Era avevano salvato metà della squadra.
“È solo un giorno come un altro, eppure questi Devianti credono che sia di buon auspicio divertirsi” – commentai sarcastico.
“Dei pazzi – mi sostenne Eco 3. – Non esitano a rischiare la morte per bere alcolici e ascoltare quella terribile musica XX secolo della Vecchia Era”.
“Del resto sono così stupidi da rischiare il contagio anche per riunirsi insieme a raccontarsi storie” – si lamentò Eco 4. – Addirittura ho sentito di Devianti che si riuniscono in quegli edifici abbandonati, teatri, credo che li chiamino così, o musei. Stanno lì a osservare oggetti di cui a nessuno interessa più nulla, o a guardare altri Devianti che fingono di essere personaggi di quelle assurde storie del passato, o peggio ad ascoltare musica”.
“Sono solo degli irresponsabili – rincarai la dose mentre osservavo i movimenti della mia squadra nel visore 3D del mio casco. – Portano il contagio nelle proprie famiglie, sui loro ambienti di lavoro. Se continuano così non ne usciremo più”.
“E dire che alcune persone sarebbero anche menti brillanti, come quel tale che si fa chiamare La Voce e compone musica con strumenti arcaici, senza ricorrere ai software governativi”.
“Quanto talento matematico sprecato in insulse manifestazioni devianti” – si lamentò Eco 3.
Sapevo che Chiara aveva conosciuto la Devianza da vicino. Suo fratello aveva scoperto come dipingere dal vivo, senza utilizzare i software messi a disposizione dal Governo, e si era reso protagonista di diversi sabotaggi. Ricordavo che quattro anni prima durante il Giorno della Variante aveva lanciato vernice sui membri dell’Ufficio Scientifico impegnati a spiegare come il dannato virus fosse mutato per l’ennesima volta e costringesse il Governo a prolungare per un altro anno lo stato di emergenza. Allora era il 96 Nuova Era ed era la settantesima variante grave che si era registrata da quando il virus si era manifestato. L’ultimo Giorno della Variante, che si era celebrato il 25 dicembre, era stata annunciata la settantaduesima variante grave. Ogni anno, da un secolo a quella parte, gli abitanti della Terra si vaccinavano contro tutte le precedenti varianti, in attesa che l’Ufficio Scientifico Governativo rilasciasse il vaccino per la variante nuova.
Il virus, però, non dava tregua e in un secolo si calcolava avesse ucciso oltre quattro miliardi di persone. Le stime in verità erano nebulose. Non era chiaro se il dato ascrivesse al virus anche le vittime della Rivolta che era scoppiata nell’anno terzo della Nuova Era e che in dieci anni aveva distrutto ogni forma di organizzazione politica e sociale del pianeta, sino a quando la guerra civile e la diffusione del morbo avevano portato all’esplosione delle centrali nucleari, prive di manutenzione. A quel punto, col pianeta sull’orlo del collasso sanitario e climatico, le Nazioni Unite avevano fondato un nuovo Governo Planetario affidato alla guida di un illuminato Comitato Tecnico Scientifico che aveva riportato la pace. Era stato allora che la popolazione si era stata divisa tra Cittadini – che si erano trasferiti nelle grandi Stazioni Orbitanti sanificate e immuni al virus, dove si viveva rispettando l’isolamento – e Devianti che rimanevano sulla Terra. Prima della pandemia e della Rivolta, la terra aveva raggiunto dieci miliardi di abitanti. Ora tra Cittadini e Devianti, il genere umano non contava più di un miliardo di anime.
“Non capisco perché non li lasciamo morire su questo mondo” – protestò Eco 4 mentre il casale era ormai circondato. I poderosi sensori degli Esocheletri captavano l’orribile musica e le cacofoniche risate dei Devianti. Mi erano sempre sembrati i versi di qualche animale. Non avevano nulla di umano.
“Tu lo sai il perché – rispose Eco 3 asciutta. – È lo stesso motivo per cui non possiamo sterminarli e riprenderci il pianeta”.
Sospirai. I Cittadini erano sterili. Sia le donne sia gli uomini. La scienza era riuscita a prolungare la nostra vita, a fermare l’invecchiamento delle cellule e a impedire che il virus arrivasse nelle Stazioni Orbitanti. Sembrava, però, che la vita potesse nascere solo sulla Terra, i nostri organismi sanificati dal virus erano incapaci di procreare. Non vi era spiegazione scientifica di quel fenomeno, ma solo i Devianti che si spaccavano la schiena a fare lavori che nessun Cittadino avrebbe mai accettato, i Devianti che respiravano l’aria intrisa di virus e inquinamento, questa feccia subumana procreava per noi. Il Governo Planetario strappava i figli migliori a quell’esistenza di miseria e li portava sulle Stazioni Orbitanti per vivere come Cittadini.
“Siamo in posizione. Pronti per il check Go No-Go”. Mormorai alla mia squadra.
“Eco 2 in posizione”.
“Eco 3 in posizione”.
“Eco 4 in posizione”.
“Eco 5 in posizione”.
“Squadra Eco, Go!” – ordinai. Presto avremmo impedito ancora una volta ai Devianti di contagiarsi. Li avremmo salvati perché loro ci servivano. Accadeva ormai da un secolo.
Sul visore vidi la Squadra Eco che faceva irruzione nel casale. I sensori termici indicavano la presenza di dieci persone, quattro maschi e sei femmine. Li trovammo seduti intorno a un fuoco che crepitava nella notte fra le travi consumate dal tempo e i muri diroccati. Tre di loro suonavano alcuni strumenti arcaici a corda, uno mi pareva si chiamasse chitarra. Cantavano e il suono che usciva dalle loro bocche ferine era ruvido, nell’antico inglese da cui era nata la lingua standard del Governo Planetario. Colsi alcune delle parole del ritornello, berciate da un Deviante alticcio che cantava abbracciato a una giovane donna chiaramente incinta. Erano certo già malati e condannati a morire del maledetto morbo.
It’s the end of the world as we know it
It’s the end of the world as we know it
It’s the end of the world as we know it
And I feel fine
L’invidia per quel gesto semplice che era precluso ai Cittadini mi stordì. “Fuoco – ordinai – Protocollo 19”.
La squadra Eco colpì. Eravamo addestrati per quello. Il Protocollo 19 era stato emanato alla fine della Guerra Civile e prevedeva la legge militare per ogni assembramento. Le armi automatiche falciarono quelle inutili vite, ponendo fine alle loro sofferenze. Li uccidemmo noi, prima che potesse farlo il virus, prima che fossero veicoli di nuovi contagi e mutazioni.
It’s the end of the world as we know it
And I feel fine
Mormorò l’uomo con la chitarra, mentre strappavo la donna incinta dal suo abbraccio e Eco 2 la esaminava con lo scanner.
“È negativa. Aspetta un maschio”.
“Portiamola al Centro Medico – sorrisi – ho appena fatto richiesta di un figlio”.
***
Oggi Adamo ha sedici anni e mentre lo guardo il cuore mi si riempie di orgoglio. Ormai ho smesso il servizio attivo nelle Squadre Tattiche e mi occupo di gestire la sicurezza nella Stazione Orbitante Europea. Ventimila Cittadini dipendono dalle mie capacità. Mio figlio, che ho cresciuto come un Cittadino modello, è fortunato. Presto andrà su Marte sulla prima colonia extra-planetaria. Sul pianeta rosso il genere umano potrà cominciare una nuova vita: laggiù ci sono acqua e materie prime, non dipenderemo più dalla Terra.
La Terra.
Dall’oblò della mia stanza la massa azzurra e bianca del pianeta è davvero bella. Il Comitato Scientifico scoraggia il romanticismo e credo sia una giusta precauzione. Solo la più rigida competenza scientifica ha preservato l’umanità. Il romanticismo, la ricerca del bello, della memoria. Sono tutti concetti pericolosi che hanno portato a una nuova rivolta sulla Terra sei anni fa, all’annuncio dell’Ottantesima Variante, dopo quasi dieci anni di tregua, tanto che sembrava che finalmente alcune misure restrittive potessero essere allentate.
Eppure, sulla Terra continuano a nascere i figli che noi non siamo in grado di generare.
Sembra davvero che la vita e la morte siano legate da una catena indistruttibile.
Modena, 31 gennaio 2021
2021@copyrightGabrieleSorrentino
Racconto suggestivo e inquietante al tempo stesso. La tua penna non sbaglia mai! Complimenti Gabriele!!
Grazie mille. Spero di far riflettere.
Bell’incubo!
Grazie, Martino. Speriamo di svegliarci.
Un futuro terribile che però, in questa tua vivida ed efficace descrizione, ha tantissimo da insegnare al nostro presente. Bravo !
La fantascienza distopica mi è sempre piaciuta per questa sua grande capacità di mettere in guardia sui pericoli di certe dinamiche sociali, politiche e scientifiche.
Un bel racconto fantastico che ci induce a riflettere, molto.
Complimenti! Suggestivo e ricco di spunti per riflettere su questo distopico presente.