DISCONNESSO di Daniela Ori
Oltre la routine di una vita modificata dalla pandemia, qualcosa prima o poi succederà…Ecco il nuovo racconto di Daniela Ori
Manca ancora un po’ prima della sveglia, le tue abitudini non sono cambiate. Ti giri nel letto, assapori gli ultimi istanti e resti in ascolto.
Il barista sotto il tuo appartamento dovrebbe essere già al lavoro da ore, mentre tu ti crogioli nei tuoi sogni invernali, nascosto sotto il tuo soffice piumone azzurro, lui è già lì che ha scaldato la macchina per il caffè e ha esposto, freschissime, paste alla crema, croissant di marmellata e torte di cioccolata dal colore intenso da tuffare dentro a cappuccini schiumosi. Ti sembra di sentirlo quel profumo, anche se non hai ancora aperto la finestra, un profumo amico. La sveglia ti sorprende ogni mattina, anche se il tuo orologio biologico ti farebbe svegliare ugualmente. Ti domandi cosa te ne fai di una sveglia se ti svegli da solo. Lasci a malincuore il calduccio del tuo piumone e ti avvicini alla finestra. Sono comode le tapparelle nuove di alluminio che si riavvolgono da sole, non devi nemmeno fare fatica ad alzarle. Ti senti senza energia ed è solo mattina. Hai speso tanto per la ristrutturazione del tuo appartamento lo scorso anno, ora non avresti più la forza di seguire muratori, impiantisti, stuccatori, pavimentatori, imbianchini e artigiani vari. Anche se sei sempre in casa. Sì, perché in questo periodo non esci molto, anzi a essere sinceri non esci proprio più. Fuori dalla finestra il cielo è sempre lo stesso, grigio e bianco, come ogni inverno in questa città. Ti decidi ad aprire la finestra, ma non sale più il profumo di dolci dal bar. Angelo, il barista, ha chiuso, poco lavoro, aperture a singhiozzo, clienti dileguati e troppi debiti. Con questa pandemia non ce la faceva proprio più a tirare avanti. Ti prepari la colazione da solo, indugiando in cucina. Realizzi che non devi nemmeno affrettarti, non devi uscire e metterti in strada affrontando il traffico e la solita fila sulla tangenziale. Devi lavorare a casa, in quella che chiamano modalità agile, o smart working, con quella mania di utilizzare termini inglesi anche quando non ci sarebbe bisogno. Ti senti stanco, apatico, anche se la giornata deve ancora cominciare. Anche oggi non incontrerai nessuno, o almeno dal vivo. Ti chiedi se sia il caso di farti la doccia e vestirti e realizzi che potresti benissimo rimanere in pigiama tutto il giorno, tanto chi ti vede? Poi consulti la tua agenda, ce l’hai sempre sul tavolo dello studio la tua agenda dalla copertina nera rigida dove riporti gli appuntamenti e gli impegni. Perché a te non piace segnare le date sul cellulare, tu a cinquantaquattro anni compiuti ami ancora i libri, la carta e le agende dove scriverci dentro a penna. Sfogli le pagine e ti accorgi che non c’è scritto nulla di interessante. Pagine bianche che evidenziano le solite scadenze per i contratti che devi gestire e le tempistiche da rispettare. L’azienda per cui lavori ha sede a Carpi, produce abbigliamento per l’infanzia e fortunatamente non ha avuto dissesti finanziari. Nessuno dei tuoi colleghi è stato licenziato e tu continui a occuparti di recupero crediti, promozione della produzione e stipula di accordi e contratti con i fornitori. Hai deciso di trasferirti a Modena per stare vicino a tua figlia. Dopo il divorzio, ovviamente Francesca abita con la madre, ma tu le sei sempre stato d’aiuto, una presenza certa, un esempio, una guida nei compiti e un valido sostegno soprattutto ora che con quella didattica a distanza, ti accorgi che la tua creatura è davvero in sofferenza. Povera ragazza, ha solo 16 anni, l’età in cui dovrebbe uscire un po’ con le amiche e divertirsi. Pensi così e ti infastidisce il fatto che invece le regole rigide emanate per contrastare il contagio costringano i giovani a restare a casa, a seguire le lezioni a computer, senza più contatti, senza più scambi di opinione tra i compagni, senza più occasioni di incontro. Tua figlia ha voluto iscriversi a ragioneria, mica al liceo classico come te. Ma tu hai sempre rispettato le sue scelte e non le hai mai criticato nulla. A te invece i tuoi genitori hanno sempre rinfacciato tutto. Ma tu hai fatto di testa tua. Non ti sarebbe mai venuto in mente di fare l’avvocato, troppi compromessi per te che sei un idealista. Lo hai sempre sostenuto che in fondo con una laurea in legge avresti potuto fare molti lavori. Lo sai che ne è valsa la pena non entrare nell’ufficio legale di tuo padre. Tua sorella si trova meglio di quanto ti saresti trovato tu, che in fondo sei un creativo e stipulare contratti per vendere abiti per i neonati in fondo ti diverte e ti piace. Certo che in questo periodo non puoi più viaggiare, non prendi treni né aerei. Tutto cancellato, devi fare ogni cosa attraverso quel computer che non hai mai sopportato più di tanto. Hai annullato da tempo anche i tuoi allenamenti in piscina, perché gli impianti sportivi li avevano riaperti un poco lo scorso settembre, poi li hanno richiusi e non si sa quando riapriranno. La guardi ancora quella tua agenda. No, non hai segnato nessuna cena con un amico, nessun incontro galante e nessuna serata a teatro o al cinema. Te ne devi fare una ragione, Massimo. Dentro di te, è come se una voce ti costringesse a trascinarti alla tua postazione di lavoro, se pure di malavoglia. Sbuffi. Vorresti accadesse qualcosa di nuovo, qualcosa di insolito, oltre la routine imposta dalla pandemia.
Ti avvicini al tuo computer e lo accendi. Ti accorgi che questo gesto ormai potresti farlo a occhi chiusi, perché è diventata la tua unica azione sportiva, se così si può dire. Ti connetti con il tuo ufficio, username, password e sei dentro alla tua scrivania virtuale. Scarichi la posta elettronica dell’ufficio e scopri che fra mezzora avrai una videoconferenza con il tuo capo. Ti tocca andare in bagno a questo punto, lavarti e anche vestirti, non puoi farti vedere dal capo in pigiama. Potrei indossare solo una camicia e una giacca e basta. Vabbè, pensi che i pantaloni del pigiama li puoi anche tenere e anche le ciabatte. Oddio! La tua faccia è sempre più pallida, ti guardi allo specchio e ti accorgi di essere imbruttito. Quante rughe in questa faccia spenta… Il tuo cervello si ribella all’immagine riflessa nello specchio. Ma come è possibile che in pochi mesi mi siano saltate fuori tante rughe? Ti rifiuti di accettare l’idea che stai invecchiando. Sono vecchio. Ebbene sì, ti senti vecchio e realizzi che il tempo è passato velocemente in questi ultimi mesi e tu non hai fatto nulla, non hai potuto fare nulla, sempre chiuso in casa e proteggerti da questo maledetto virus.
Una telefonata ti distoglie dai tuoi pensieri. “Buongiorno dottore, è connesso?”. È la segretaria che ti chiama per conto del capo. Tu lo sai che in realtà ti controlla, ma le rispondi con gentilezza mostrandoti accondiscendente e dicendole che sei pronto. “Bene, dottore, le mandiamo il link, ci collegheremo con i nostri acquirenti di Milano tra quindici minuti, si prepari”. Guardi la tua posta elettronica, il link per avviare la videoconferenza è già lì, ci devi solo cliccare sopra. La tua camicia bianca è perfetta, te la sei fatta recapitare ieri sera dalla stireria che fa servizio a domicilio, hai tempo di indossare la giacca, non ti sei pettinato, i tuoi capelli brizzolati, mossi, sono spettinati da sempre, forse un po’ troppo lunghi, ma tanto questo è sempre stato il tuo stile. Attendi di essere accolto nella video-riunione, ma ti accorgi che non è attivato il microfono, non capisci cosa sia successo. Accidenti, proprio ora? Ti agiti, cominci a guardare se i cavi sono collegati, se la presa è inserita correttamente, se la connessione Internet è attiva. Sembra tutto a posto. Eppure, non funziona. E se mi chiedono dati, come faccio a rispondere? Chiudi il computer e ricominci da capo. Pensi che in fondo queste sono solo macchine e vanno resettate ogni tanto. Niente, non funziona.
Di nuovo il cellulare. “Dottore, siamo già partiti, ma lei ci sente?”. Rassicuri la segretaria “Vi sento, ma non posso parlare, perché il mio microfono è out”. E lei ti incalza “Ma almeno ci vede?”.
Ti sembra quasi che quella donna, di mezza età con il suo piglio arcigno e la sua voce stridula, ti porti iella, perché guardi il tuo schermo che in quel momento è diventato tutto nero, senti le voci, distingui chiaramente quella del tuo capo che sta introducendo la riunione, ma non vedi più nulla e non puoi parlare. E allora, per non fare la figura del dipendente inadeguato, questa volta chiami tu “Scusate, vi sento, ma non vi vedo, però posso chattare, vi invierò risposte scritte se avrete qualcosa da chiedermi”. Pensi che tutto sommato la cosa non ti dispiace più di tanto, non vedi quella faccia odiosa del tuo capo e non hai modo di rispondere in diretta alle sue richieste. Tanto ti manderà poi una mail, con tutte le istruzioni delle cose che dovrai fare. Ti metti ad ascoltare il solito imprenditore milanese che ha acquistato l’ultima collezione, ma pretende che la campagna di promozione sia a carico della tua azienda. Il tuo capo si sta scaldando. “Dove troviamo dei neonati, da reclutare, per fotografie e video? Tutte le mamme e le famiglie sono diffidenti con questa pandemia”. “Questo non è un problema nostro, noi compriamo la vostra nuova collezione e nel pacchetto acquistiamo anche la vostra campagna pubblicitaria, pertanto dovete procedere voi”. Lo senti bene il manager milanese, ferreo e tassativo. Non puoi fare altro che sorridere, tu ti occupi di contratti, ma di ricerca dei soggetti per la promozione se ne è sempre occupato il tuo capo. Sarà un problema suo anche questa volta.
Ancora il cellulare. Ma chi è che mi disturba ancora? Ho detto di avere problemi al computer. Freni la tua stizza, quando vedi il nome di tua figlia sul display. Pensi che sia in difficoltà con una materia che non le entra proprio in testa, o che voglia un aiuto nella traduzione in Inglese. “Francesca? Papà è in videoconferenza, è urgente?”. “Sì papi, molto urgente”. Ti sciogli ogni volta quando senti la sua voce e quando ti chiama “papi” senti che il tuo cervello si infiamma di tenerezza. “Tesoro, ti metto in viva voce perché sto chattando con l’ufficio, dimmi velocemente cosa posso fare per te, poi se mai ci aggiorniamo più tardi, vuoi?”. “Papi, è successa una cosa, devo parlarti, non ti posso venire a trovare, ma devo dirtelo”. “Va bene, cara, dimmi”. “Papi, ecco, ti ricordi di Alessio, quel ragazzo che ho conosciuto a Milano Marittima lo scorso agosto?”. “Mi sembra di ricordare un tuo amico con questo nome, che è successo, si è ammalato di Covid?”. “No, papi, lui non è malato…ma io…io…”. “Francesca, parla, senza giri di parole, vuoi farmi ammattire?”. “Ecco papi, ma non ti arrabbiare, io…sono incinta”.
Le parole di tua figlia si sovrappongono allo sproloquio dell’imprenditore milanese, ma non sei certo di aver capito bene. La testa ti fuma, lo schermo del tuo computer da nero è diventato blu, ci sono scritte bianche in basso, ma non te ne importa nulla, realizzi l’ultima parola di tua figlia. Incinta. “Incinta? Come incinta, Francesca? Ma come è successo che non esci mai? E da quando?”. La bambina, la tua bambina, no, non hai capito bene di sicuro. Eppure, lei ti risponde “Sì, papi, non arrabbiarti, nascerà in estate, ad Alessio voglio bene davvero, io l’ho detto con la mamma e lei ha voluto che anche tu lo sapessi, io non volevo farti arrabbiare, mi perdoni, papi?”.
Sei lì, con le mani tra i capelli, che si sono rizzati alti sul cranio come a protestare e vorresti spaccare tutto, annullare tutta quella assurda tecnologia che impedisce ogni contatto fisico, ma che a quanto pare non ha protetto a sufficienza da quei pericoli di incontri dai quali avresti voluto essere immunizzato. Vorresti essere sulla luna, disconnesso da tutto, per annullare ogni esperienza di questo ultimo periodo, così inutile, così infame.
“Dottore, complimenti per questa notizia!”. La voce del tuo capo ti ridesta dal tuo torpore. Guardi il video del tuo computer improvvisamente illuminato, vedi il quadratino con il volto del manager milanese che sorride, la faccia della segretaria con un ghigno più odioso del solito e tra i partecipanti alla riunione vedi pure la tua faccia.
“Bentornato, dottore, la sua connessione era perfetta”.
“In che senso?”. La tua domanda è piena di fastidio, ma realizzi che per qualche assurdo marchingegno tecnologico, il tuo computer si è messo magicamente a funzionare di nuovo.
“Abbiamo in azienda il nostro esperto legale, che fra pochi mesi, a quanto abbiamo ascoltato, sarà nonno, non abbiamo più bisogno di fare nessun casting. Suo nipote sarà perfetto per la campagna di lancio della nuova produzione di abbigliamento per neonati. Sarà sul mercato proprio in tempo per Natale 2021. Tempismo perfetto!”.
Resti lì, senza parole, non riesci nemmeno a commentare. Hanno deciso tutto loro, tua figlia che avrà un bambino, il tuo capo che lo ha già individuato come protagonista per la campagna promozionale. Volevi qualcosa di nuovo, eri stanco di questa vita e una nuova avventura che si sta preparando ti ha sconvolto di nuovo. Devi prenderti il tuo tempo per riflettere e per elaborare questa giornata così intensa. Per oggi il tuo lavoro è finito. Puoi chiudere il computer ora. Sei con te stesso. Disconnesso.
Modena, 22 gennaio 2021
2021@copyrightDanielaOri
Ecco…la scrittura scrive, bene, anche i destini. Bel racconto.
Grazie Martino, il mio protagonista Massimo siamo tutti noi.
ironico è scorrevole ma allo stesso tempo sa gettare una luce impietosa sulla situazione paradossale che stiamo vivendo in questi giorni. brava
Grazie carissimo, ogni giorno desideriamo sempre più di uscire dall’incubo a cui la pandemia ci ha costretti. Ma la vita ci sorprende sempre e la vita come sempre vince.
Un racconto piacevole. Debbo confessarti che ero alquanto scettico, quando hai parlato di scrivere ” Il racconto panoramico ” Mi sono subito ricreduto già nella prima parte. Debbo confessarti che mi sono sentito coinvolto come se il racconto fosse mio. Debbo solo farti i complimenti per la bravura e semplicitànello scrivere che ti arriva. Sei Bravissima.
Complimenti !!
Grazie! A pensarci bene, potrebbe in effetti essere davvero anche un “racconto panoramico” in quanto affronta proprio il tema del panorama inquietante che stiamo vivendo, sempre chiusi in casa e nascosti dietro video e cellulari. Ma credo che la vita vinca sempre prima o poi, proprio come nella storia che accade al mio protagonista.
Cara Daniela, eccoti ritrovata come scrittrice, una brava scrittrice.
Questo breve ma intenso racconto parla a noi di tutti noi, chiusi in casa e con le agende semivuote. Ci siamo adattati? Già? Io non lo credo. Mi vedo e mi sento imbruttita, pallida, ingrassata e senza entusiasmo. Mi sono iscritta a un corso di inglese e lo seguo, guarda un pò, on line.
E per fortuna, perchè mi impegna e poi molto spesso devo farmi vedere “in ordine” anche se a mezzo busto!
Le nostre passioni e i nostri interessi ci salveranno, ne sono certa. Tu continua a scrivere, percè sei brava e con la tua passione appassioni anche noi lettori. A rivederci presto, prestissimo.
Grazie carissima. Namastè
Mi è piaciuto questo racconto dalla scrittura chiara e scorrevole. Facilmente ci si identifica con il protagonista e si vive con lui la routine di clausura , l’apatia,la stanchezza , la noia .Con lui si vive l’incubo dell’essere connessi o disconnessi.Con lui si sbuffa, rassegnati.
Complimenti da parte di una lettrice indefessa, così mi definiscono gli amici!
Grazie Nicoletta, il tuo commento è gratificante. Continua a seguirci!