Prefazione
Il 21 aprile 2016, invitato dalla Maestra Anna Maria Manzini, ho incontrato i ragazzi della V° A della Scuola Primaria G. Bellini di Sassuolo per parlare dei Romani a Modena. Da questa chiacchierata è nata subito l’idea di andare oltre il semplice racconto dei fatti. “Facciamo un gioco! Scriviamo una storia su Modena Romana!”. Questa la proposta accolta con grande entusiasmo da tutti. E’ così che cominciamo a schierare sul campo Bruto, Antonio, Ottaviano e una serie di personaggi inventati. “Ci vuole una femmina”, afferma qualcuno, ecco la nostra protagonista che dovrà compiere una missione importantissima”. Questo racconto è il risultato del nostro lavoro di scrittura collettiva. Buona Lettura. Scarica il PDF
Una storia impressa nel tempo
Un racconto collettivo della V°A della Scuola Primaria G. Bellini di Sassuolo – AS 2015-2016
Una fresca mattina di primavera, con i raggi del sole che illuminavano Mutina, nonna Giulia e il nipotino Mario camminavano spensierati lungo le vie che conducevano verso il centro della città. Lungo il tragitto la nonna incontrò un anziano patrizio, vestito con una toga senatoriale.
Questo strano personaggio, quando la vide, sgranò gli occhi dalla felicità e si avvicinò salutando calorosamente. Giulia non lo riconobbe subito, ma il sorriso e la gentilezza le ricordarono una persona familiare.
“Ma come, Giulia, non ti ricordi più di me? Sei ancora più bella di un tempo …” – le disse l’uomo.
“Glauco? Sei proprio tu? Quanti anni sono passati … “ – rispose stupita la nonna.
Fu allora che intervenne il nipote: “Chi è questo signore e di cosa sta parlando?”.
Giulia, presa dall’emozione, non rispose, però invitò Glauco alla sua domus e tutti e tre si incamminarono. Giunti a casa, la nonna fece accomodare l’ospite nella biblioteca e fece preparare i triclini dove stendersi in attesa del banchetto.
Così Giulia e Glauco cominciarono a raccontare la loro avventura, mentre Mario ascoltava con attenzione, per non lasciarsi sfuggire nemmeno una parola.
“Era l’Aprile del 43 a.C., avevo quindici anni ed ero una fanciulla bellissima, dal fisico perfetto, gli occhi verde smeraldo e i capelli castani. Amavo indossare abiti sempre diversi, una collana azzurra come le onde del mare e sandali comodi e graziosi.
In quel tempo Mutina, la nostra città, era occupata da Decimo Bruto, uno degli assassini di Giulio Cesare”.
“Marco Bruto, è stato ucciso a Filippi assieme a Cassio!” – commentò il ragazzino, felice di mostrare la propria conoscenza della storia romana.
“No, Mario, Decimo Bruto” – lo corresse la nonna con un sorriso, sfiorandogli il viso con una carezza.
“Cosa? Giulio Cesare è stato ucciso anche da un altro Bruto?” – interruppe il nipotino, stupito.
“Furono in molti a ucciderlo” – precisò Glauco. Si inginocchiò davanti a lui e gli scompigliò i capelli.
“Caro Mario, è tutta una questione di potere! – riprese la nonna – Come stavo raccontando, in quel periodo abitavo a Saxum Solum, ma dalla nascita fino ai dieci anni ero vissuta a Mutina e quindi la conoscevo bene. Fuori dalle mura della città stava in assedio Antonio, amico di Cesare. Si respirava un’aria carica di paura e di tensione tra gli abitanti: tutti restavano chiusi in casa il più possibile, per non rischiare di essere uccisi. In soccorso a Decimo Bruto, il senato romano aveva inviato due consoli, Pansa e Irzio, aiutati da Ottaviano, figlio adottivo di Cesare. Una notte le truppe senatorie e quelle di Antonio si scontrarono nei pressi di Forum Gallorum: vinsero le prime, ma a costo di grandi perdite. Lo stesso Pansa fu ferito e trasportato a Bologna. Nei giorni successivi Ottaviano e Irzio decisero che era ora di far arrivare a Decimo un messaggio, per avvertirlo che la battaglia contro Antonio era stata comunque vinta. Il problema, però, era trovare una persona capace di portare il messaggio dentro alla città, senza farsi scoprire. E qui entrai in gioco io”.
“Perché nonna scelsero proprio te?” – domandò Mario sempre più meravigliato.
“Caro nipote, non sono stati loro a scegliermi, sono stata io a offrirmi: conoscevo bene ogni angolo della città, vi avevo abitato da giovane. Inoltre ero insospettabile perché sacerdotessa di un tempio importante.
Devi sapere che proprio il giorno prima, presso il santuario di Minerva, avevo fatto un sogno premonitore. Avevo sognato l’inizio di una guerra tra Marco Antonio e Decimo Bruto, avevo immaginato le loro mosse, solo con l’aiuto di Bruto Antonio poteva essere sconfitto. Decisi che sarebbe stato meglio aiutare Bruto perché avevo visto che una vittoria di Antonio avrebbe portato alla guerra civile. Nel sogno vidi che i Consoli e Ottaviano avevano bisogno di portare un messaggio a Bruto, decisi che lo avrei consegnato io. Il giorno seguente mi diressi al campo dei consoli. Ricordo tutti quei soldati, i vessilli che garrivano al sole. Avevo paura, non sapevo come quei grandi uomini mi avrebbero accolta”.
“Sei stata davvero coraggiosa, nonna!”.
Lei annuì e rimase qualche istante assorta nei suoi pensieri. “Pansa era a Bologna, con una ferita, e le truppe del Senato erano comandate da Irzio e Ottaviano. Irzio era un uomo di grande esperienza ma fu Ottaviano a mettermi in soggezione. Oggi per noi è Augusto, all’epoca era un giovane uomo. Eppure il suo sguardo mi trapassava l’animo, sembrava che mi soppesasse con l’arguzia dell’uomo maturo. Entrambi erano diffidenti. Fu Irzio a chiedermi se potevano fidarsi della mia premonizione, se davvero Antonio poteva essere sconfitto.”
“Come sei riuscita a convincerli?” – Mario versò dell’acqua da una brocca a Glauco e a sua nonna, poi ne bevve lui, rapito dal racconto. Giulia era una nonna affettuosa, stimata dalle matrone di Mutina ora lui stava scoprendo un lato di sua nonna che non conosceva. Era il nipote di un’eroina!
“Raccontai loro un segreto che li riguardava e che solo una sacerdotessa avrebbe potuto conoscere dopo aver consultato la divinità.
“Quale segreto, nonna?”.
“Raccontai loro come si era svolta la battaglia di Forum Gallorum e di come Pansa fosse stato ferito, rivelai ciò che avevo sognato sulle azioni di Irzio e lui, che non mi aveva mai vista, comprese che potevo averle conosciute solo grazie a un oracolo. Irzio si fidò, Ottaviano invece mi guardava con il dubbio dipinto sul volto. Così mi avvicinai a lui e sostenni il suo sguardo, non fu facile. Sottovoce gli raccontai di Azia, sua madre, e di una filastrocca che gli cantava quando lui era ancora un infante. Ricordo che Ottaviano sbiancò, sorpreso. Mi hai convinto mi disse, ma non mi permise più di avvicinarmi a lui. Mi guardò sempre con paura, come si osserva un uccello del malaugurio.”
Giulia tacque e un sogghigno le si dipinse sul volto, appena un’increspatura tra le rughe del volto. “Ottaviano era superstizioso. Alla fine si fidarono di me! Mi diedero un rotolo papiro chiuso in un contenitore di legno con le istruzioni per Decimo e il sigillo di Irzio. Decidemmo tutti insieme che l’idea che dava meno nell’occhio era quella di farmi attraversare il fiume come fossi una sommozzatrice, perché ero un’ottima nuotatrice, sarei entrata attraverso il canale che passa ancora oggi sotto le mura.”
“Sei stata coraggiosa!” – Mario rabbrividì al pensiero dell’acqua gelida e melmosa, dei pesci che si intravedevano nel verdeggiare dei canali.
“Puoi dirlo forte!” – Glauco addentò un frutto e si stiracchiò, cercando una posizione più comoda sul triclinio.
Giulia li guardò divertita, bevve l’acqua che Mario le aveva versato e proseguì. “Irzio aveva proposto di attraversare il fiume i notte, ma Ottaviano era contrario. Come farà a orientarsi al buio? A noi serve che consegni il messaggio, non che anneghi nel farlo diceva con decisione. Aveva ragione. Decidemmo di tentare all’alba, quando la foschia mi avrebbe celato ma avrei avuto abbastanza luce per orientarmi. Ricordo l’attesa, sola circondata da sconosciuti, immersa nel mio sogno e nei dubbi. Se mi fossi sbagliata? Se Bruto fosse stato una pessima scelta? Ormai avevo deciso, non potevo tirarmi indietro. All’alba fu Ottaviano a venirmi a chiamare, mi teneva a distanza ma capivo che mi portava rispetto, forse perché avevo coraggio. Lasciai a riva tutto ciò che mi avrebbe potuto appesantire, e mi immersi con indosso una veste leggera, i capelli legati in una treccia, un coltello assicurato alla cintura. Intorno a me le ombre dei canneti sembravano dita pronte ad afferrarmi, le mura di Mutina erano minacciose e lontane, la foschia avviluppava il paesaggio, come schiuma fredda. L’acqua era gelida, mi sembrava di essere intrappolata in un blocco di ghiaccio; avevo una cannula cava in bocca con la quale potevo respirare. Nuotavo a pelo dell’acqua in modo da non essere vista. Non ricordo quanto tempo nuotai, temetti di non farcela quando il canale si infilò sotto le mura larghe e io dovetti trattenere il fiato, al buio. Pensai a Minerva, la Dea che servivo al santuario di Montegibbio e a quello di Forum Gallorum. Chiesi il suoi aiuto e lei mi diede la forza di arrivare a riva.
Quando emersi dal canale, fradicia, la città era silenziosa, il sole ancora una luminescenza arancione oltre le mura, mi alzai in piedi in mezzo alla foschia, tossendo e respirando a pieni polmoni”.
La nonna interruppe il racconto e bevve altra acqua come se per un istante il ricordo di quell’avventura fosse stato per lei doloroso.
“Mi assicurai che l’astuccio di legno fosse ben sigillato e mossi i primi passi verso il Foro, alla ricerca del palazzo dove alloggiava Bruto. Fu in quel momento che il cane mi attaccò.”
“Un cane?”.
Giulia annuì. “Era un cane scuro, non ricordo la razza, emerse dalla foschia con un ringhio io scattai dalla parte opposta e solo in quel momento vidi il giovane soldato che lo teneva alla catena. Era il cane a trascinare la guardia, più spaventata di me. Io avevo un messaggio di speranza per la sua città, ma come avrei potuto spiegarlo a quel giovane assonnato? Così fuggii per le strade strette di quella città in cui avevo vissuto gli anni della mia giovinezza e in cui ero tornata spesso, prima della guerra. Corsi così forte da perdere il controllo, mi parve addirittura che la brezza chiamasse il mio nome. Avevo un solo posto dove andare, una sola persona poteva aiutarmi, una vecchia amica che non vedevo da anni. Sperai che Proba abitasse ancora laggiù, nella zona orientale della città nella bella casa di marmo e legno, addossata alle terme pubbliche. Seminai la guardia e sfruttando i vicoli più stretti della città vecchia ed emersi in una strada più ampia, uno dei cardini principali, costeggiai le terme e trovai la porta. Bussai e chiesi di Proba alla donna che mi aprì e mi fece attendere in una stanza avvolta nella penombra, ero sporca e bagnata, infreddolita e sola. Quando Proba apparve nella stanza mi abbracciò. Non era cambiata, aveva sempre un portamento elegante, discendeva da un’antica famiglia patrizia ed era stata educata ai costumi dell’aristocrazia: aveva diciotto anni, capelli castani, un fisico sottile e occhi azzurri e piccoli; indossava grandi bracciali e sandali alla moda, su un vestito abbellito da una toga arancione. Giulia, quanto tempo. Cosa ti è successo. Mi fidai di lei e le raccontai la mia storia. Andremo da Bruto, ma ora devi riposarti e farti un bagno, altrimenti ti scambierà per un sicario. Chiamò la servitù e due giovani donne mi aiutarono a lavarmi e mi diedero abiti puliti, poi mi accompagnarono in una delle stanze degli ospiti, dalle pareti affrescate con scene bucoliche; su un tavolo Proba mi aveva fatto lasciare della frutta, ne mangiai avidamente”. Giulia addentò un altro frutto, come a ricordare quel momento.
Non appena fui sola nella stanza, lessi il papiro che mi aveva dato Irzio per assicurarmi che non si fosse bagnato e fosse rimasto integro. Trattenni il respiro mentre leggevo. Il messaggio era salvo, mi rilassai.”
Arriveranno delle legioni che vi aiuteranno
Quando ciò accadrà, esci e combatti con noi.
Vinceremo per la Repubblica.
Da Irzio e Ottaviano per Bruto.
“Fu allora che mi venne l’idea che per poco non fece fallire la missione.” – sospirò in imbarazzo.
“Quale idea?”.
“Devi sapere, mio caro, che non era stato solo il sogno a portarmi al campo di Irzio. Volevo entrare a Modena per vedere Glauco. Eravamo innamorati da oltre un anno ma l’assedio mi impediva di incontrarlo da mesi” – aggiunse la nonna.
“Glauco?” – Mario guardò con curiosità quell’anziano aristocratico dallo sguardo gentile.
“Proprio io. Quello che non sai, e che allora non sapeva nemmeno tua nonna, è che ero il marito di Proba.”
“Cosa?” – domandò il ragazzino.
“Mario non alzare la voce! Porta rispetto al nostro ospite” – lo rimproverò con un sorriso la nonna.
“Scusa.”
“Bene, stavo dicendo – Giulia si lisciò i capelli – Glauco era il marito di Proba ma era segretamente innamorato di me. Era un bellissimo giovane: i suoi capelli erano biondi come l’oro, gli occhi grandi e azzurri del colore del cielo. Si notava il suo fisico allenato, adorava indossare tuniche dai colori caldi, toghe colorate di rosso porpora e sandali di cuoio. Non lo vedevo da quando era cominciato l’assedio, così decisi di lasciargli un messaggio. Ti sembrerà strano ma non sapevo dove viveva, ci vedevamo di nascosto, con l’aiuto di un suo amico che aveva una locanda, sapevo che era sposato con una donna autoritaria dell’aristocrazia. Andai a cercare Proba e la trovai nella biblioteca: era enorme, piena di scaffali ricolmi di rotoli di papiro e polvere. Come stai? Mi domandò. Bene, grazie a te. Pronta per andare da Bruto. Lei mi guardò e sorrise. Il nobile Bruto è solito incontrare i nobili della città prima di pranzo. Manca poco, ormai, ti accompagnerò. La ringraziai e le chiesi il papiro e il calamo per scrivere, lei me li fornì e io mi ritirai nella mia stanza. Ti vengo a chiamare io quando è ora. Disse la mia amica. Fiduciosa, mi sedetti al tavolo, intinsi il calamo nell’inchiostro e vergai il mio messaggio d’amore:
Ciao Glauco come stai?
Dalla prima volta
che ti ho visto
mi sono sentita avvolta da una sensazione
molto forte di AMORE.
Spero che anche per te sia così.
Non so se ci rivedremo, la guerra incombe.
In ogni modo ti auguro una buona vita con tua moglie.
Stremata, mi appisolai, senza rendermi conto di aver lasciato il messaggio in vista accanto al tavolo. Non potevo sapere che Proba mi stava spiando da una fessura celata dietro gli occhi di uno dei satiri ritratti nel mosaico sulla parete est della stanza. Proba, infatti, sospettava da tempo che Glauco frequentasse un’altra donna e, seguendolo, ci aveva scoperti insieme. Aveva atteso l’occasione per vendicarsi e io, senza saperlo, gliela avevo fornita. Prese il messaggio per Bruto e decise di mettere in atto la sua vendetta; lo nascose e ne scrisse un altro:
Arriveranno delle legioni nemiche
che vi attaccheranno violentemente.
La battaglia è perduta.
Ci stiamo ritirando
Che rimise nell’astuccio, nascondendo il messaggio originale. Poi mi svegliò con un sorriso. E’ ora, amica mia.”
“Perché ti svegliò?”.
Fu Glauco a rispondere. “Proba voleva punire tua nonna perché si sentiva tradita dalla sua vecchia amica per causa mia. Se Giulia avesse portato un messaggio di resa Bruto col sigillo di Irzio spezzato l’avrebbero scambiata per una traditrice.”
“Mi avrebbero arrestata.”
“E’ terribile!” – Mario era incredulo. Come era possibile mettere a repentaglio il futuro della città per una vendetta?
“Per fortuna Glauco aveva osservato le mosse di Proba.”
“Mia moglie mi credeva di ronda, ed era vero, ero io che tiravo il cane che aveva aggredito Giulia. Nella nebbia lei non mi aveva riconosciuto ma io sì, avevo cercato di chiamarla ma non mi aveva udito. Sapevo che era fuggita a casa mia e di Proba ed ero entrato da un passaggio segreto che solo io conoscevo. Avevo capito che mia moglie stava per compiere una follia e mi sentivo in colpa. Proba non era cattiva, era una donna austera, troppo convinta del proprio ruolo sociale ma era in fondo una brava persona.”
“Come hai fatto a salvare mia nonna!” – Mario doveva sapere.
“Già allora ero un decurione di Mutina e Decimo Bruto si fidava di me perché la mia famiglia aveva sempre appoggiato la Repubblica. Questa fu una fortuna, perché altrimenti temo che per Proba e tua nonna si sarebbe messa male.”
Giulia annuì. “Nella sua folle rabbia, Proba non capì che un sigillo rotto e un messaggio di sventura avrebbe portato alla rovina non solo me ma anche lei stessa.”
Giulia guardò Glauco che annuì.
“E’ vero. Volevo aiutare Decimo, e volevo evitare che Proba potesse venir accusata di tradimento per il suo gesto. Le volevo bene, in fondo.”
“Come ci sei riuscito?”.
“Non è stato difficile – si schernì lui – ho convinto Decimo che esistevano due messaggi, uno per sviare le spie di Antonio e l’altro vero. Proba non aveva distrutto quello originale, gli Dei ci erano stati propizi. Lo recuperai dalla biblioteca e corsi al Foro. Ricordo che il cuore mi rimbombava il petto per lo sforzo. Vi giunsi che mia moglie e la mia amante erano già state arrestate. Proba urlava accusando Giulia di essere una traditrice, lei però era ignara di tutto e la sua sorpresa sembrava sincera anche a Bruto che esitava. Fu una fortuna, altrimenti temo che non sarei arrivato in tempo. Fermati, mio signore. Gridai appena giunto a portata di orecchio del governatore Bruto. La mia toga da decurione mi consentì di avvicinarmi senza troppi problemi, quando Giulia mi vide il suo volto si illuminò”
“Glauco! Dissi ma il sorriso mi morì sulle labbra. Vidi l’espressione di Proba e compresi che era lei la moglie di Glauco. Tutto mi fu chiaro e capii anche cosa lei aveva combinato! Mi cedettero le gambe e ricordo che qualcuno, forse un soldato, mi sorresse.”
“Nobile Glauco. Puoi spiegarci perché tua moglie e questa donna recano un messaggio falso di sventura al mio cospetto? La voce di Bruto non prometteva nulla di buono, dovevo pensare in fretta. Fu la paura a farmi trovare la soluzione. Raccontai che c’erano due messaggi perché temevamo spie all’interno della città, Proba e Giulia si erano offerte di fare da esca e io ero d’accordo con le truppe dei Consoli. Era così felice che i rinforzi stessero arrivando che non fece troppe domande. Proba, invece, capì che io sapevo e che l’avevo salvata. Da quel giorno divenne molto premurosa.” Sorrise sornione e abbracciò Giulia.
“Caro Mario, se oggi mi vedi qui a raccontarti questa storia è merito di Glauco” – Giulia sorrise e per un istante e il suo viso si illuminò. A Mario sembrò ringiovanire.
“Nonna. Sei contenta di avere aiutato Bruto quel giorno?”.
Lei esitò prima di rispondere. “La guerra civile ci fu ugualmente, purtroppo. Ma ad essa seguì il periodo di pace che stiamo ancora vivendo. Credo, quindi che la mia visione fosse corretta e che quel giorno fosse importante aiutare la Repubblica. Inoltre rividi Glauco e fu per me una gioia immensa. Perciò ricorda sempre questo detto: A boni bona disce”
“Impara dai buoni le cose buone” – confermò Glauco.
Autori e illustratori: Abouelouafa Malak; Anzelmo Vittoria; Beggi Gabriele; Bitonnese Sara; Burlacu Roberto; Canario Lorena; Candeloro Giada; Catalano Marco; Cino Gianluca; Colamassaro Elena; Diciocia Chiara; Fadda Samuele; Francabandiera Chiara Anna; Hasanllari Pranvera; Hasnaoui Ali; Jammali Manar; Lin Samantha Yiyan; Mancuso Pietro Paolo; Manna Carmela; Messaoudi Mohamed; Piyasenage Dilki Natasha; Pontillo Anastasia; Qoraych Sara; Scarpaci Carlo Antonino; Tobia Luca. Curatori: Anna Maria Manzini, Gabriele Sorrentino.