Ho conosciuto Amilca Ismael, originaria del Mozambico, al Buk Festival della piccola e media editoria di quest’anno (maggio 2024). Lei ha ritirato un premio per “Effimera libertà” (Youcantprint Self-publishing, 2016, pagine 108, 10,00 euro), romanzo di fantasia ma ispirato a fatti di cronaca. Parla di una ragazzina che dall’Africa approda in Italia con la promessa di studiare, mentre invece viene avviata alla prostituzione con l’inganno. Mi ha incuriosito l’argomento e al termine della premiazione mi sono soffermata a parlare con la scrittrice, che mi ha donato il suo libro. E così mi sono trovata tra le mani una storia che mi ha riportato a quel tema terribile di cui non si parla mai, ma che è ancora una tremenda piaga sociale: la schiavitù di giovani bellissime donne rapite o vendute per essere inserite sul mercato del sesso. Tema inquietante, che avevo già conosciuto leggendo un anno fa il romanzo di Elena Salem “Storia segreta di Angelica Li”.

Amilca però non scrive un giallo, ma una storia dove la protagonista Ruth parla in prima persona e la segui con apprensione dalla quotidianità della vita di fanciulla africana cresciuta in un paradiso naturale, fino al mondo artefatto e costruito su inganni e ostentazione dove la ragazzina deportata è destinata a condurre la sua esistenza. Le promettono qualcosa, poi le offrono, anzi la costringono a fare altro. Senza accogliere le sue richieste e i suoi desideri.

Siamo tutte baby Ruth quando subiamo la violenza dell’indifferenza di qualcuno che non ci ascolta, quando siamo calunniate per la nostra originalità, quando non riusciamo a realizzare i nostri sogni perché ingannate da false promesse. Siamo tutte baby Ruth quando per sopportare il peso del quotidiano dobbiamo rifugiarci nella fantasia dell’immaginazione. Siamo tutte baby Ruth quando siamo ingannate, schiacciate e offese. Ma per sopravvivere possiamo imparare, come baby Ruth, che per sfuggire allo schifo, non serve ubriacarsi di effimero alternativo, ma basta rivolgersi ai ricordi che nessuno ci toglie dal cervello, ai sogni che nessuno ci strappa dalle carni, ai profumi di luoghi materni intrisi nelle viscere, che nessuno ci cancella.

Siamo tutte baby Ruth e come lei, per lei, possiamo gridare la nostra peculiarità e lottare per condannare questa realtà nascosta che offende il rispetto, in nome soltanto del guadagno e del potere. “Effimera libertà” accende l’attenzione su un tema forte, una piaga sociale antica e purtroppo sempre attuale. Una realtà che non va ignorata.

Leggendo il romanzo, pagina dopo pagina, segui con apprensione tutta la vicenda della piccola Ruth, la principessa marrone dagli occhi verdi che voleva studiare per diventare medico per curare la sua gente, o avvocato per difenderla dagli inganni. Ma ben altre lezioni è stata costretta ad ascoltare, ben altri apprendimenti, fino ad acquisire le abilitazioni a lei richieste per prestazioni senza scrupoli. È nascosto e violento tutto quel mondo contorto che girerà attorno a lei, false voci melense, pretese senza attese, prevaricazioni ossessive e pressanti.

Nella storia narrata sconvolge come anche alcune donne siamo co-protagoniste di quel teatro di orrori, coinvolte nell’organizzazione, preparazione, coordinamento di uno spettacolo di violenza e sadismo, con l’anima ottenebrata di voluttà, annientata la sensibilità e il rispetto.

Soffro con baby Ruth per tutto il romanzo, leggendo la sua storia con la rabbia nello stomaco. Ma respiro con lei ogni volta che riesce a sfuggire con la mente al quotidiano tuffandosi nei ricordi. E allora, se pure in uno stato di intenso dolore fisico e mentale, ritornano i panorami africani, il suono del vento e il calore accecante del sole, e risate di fanciulle sedute in prossimità del fiume a intrecciarsi i capelli e ancora donne che cantano mentre lavano i panni. E poi il volto e la voce della madre, rassicurante presenza che protegge e consola dall’orrore, almeno nell’immaginazione.

Sì, un romanzo così accende l’attenzione su un tema sociale forte. Un romanzo fa riflettere, un romanzo fa urlare. La scrittrice vive in Italia da molti anni e padroneggia con destrezza la lingua italiana. Sono straordinarie e delicate le descrizioni dei paesaggi africani, ed è notevole l’apprensione e la tensione che si sente pagina dopo pagina. Gli eventi non sono raccontati, ma l’autrice te li fa vivere in presa diretta, perché ti porta dentro la storia con forza ed evidenza. Ti senti Ruth, sei come lei. Protagonista e vittima. Al punto che vorresti spaccare la faccia a tutti: al presidente, all’autista, a Madame, all’amico Paolo e a tutti gli altri cafoni e bastardi che girano attorno alla splendida e giovane Ruth. Ma alla fine questo valzer di Strauss dovrà pur finire. E allora caro Dio, alla fine di tutto dovrà pur esserci giustizia. Non so se avranno paura dei fantasmi o se avranno sensi di colpa quegli esseri indegni, che hanno usato ogni forma di violenza contro di lei. Ma una realtà così prima o poi dovrà essere sgominata. Per chi vorrà leggerla, la storia della piccola principessa marrone farà emergere la consapevolezza di un mondo sotteso violento e irrispettoso, per condannarlo e distruggerlo. E allora così il romanzo di Amilca Ismael avrà raggiunto il suo scopo e un altro meritato applauso.

Daniela Ori

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