Se lo scrittore Giuseppe Pederiali fosse ancora vivo, gli manderei una lettera di sinceri complimenti, come quella che Giovanni da Modena avrebbe dovuto consegnare al poeta della sua città, per conto di un rabbino napoletano, ma che arrivò ormai illeggibile a causa del sudore e della polvere e delle tante avventure che dovette affrontare nel suo lungo viaggio da Napoli alla pianura padana.
Dopo il mio recente viaggio a Napoli e dopo aver visto la tomba di Corradino di Svevia nella Basilica del Carmine Maggiore, ho cercato notizie e materiale per comprendere meglio la storia dell’ultimo degli Hohenstaufen. E così mi sono trovata tra le mani, come per magia, il romanzo “La vergine napoletana” di Giuseppe Pederiali (Garzanti, Milano, 2009, pagg. 512). Adoro i romanzi storici e questo è così intenso e ben scritto che ho camminato come un fantasma assieme ai due cavalieri, uno bianco e uno nero, che alla fine del duecento partono da Modena alla ricerca di un giovane che la leggenda dice essere il figlio di Corradino di Svevia, concepito proprio la notte prima della decapitazione del giovane re. Questo romanzo mi ha catapultata nel medioevo napoletano, ben narrato per la storia, le battaglie, le architetture, i sogni, le miserie e le follie. Quanti sconosciuti principi saranno stati i discendenti del sangue del mitico Federico II di Svevia? Qualcuno ci ha creduto. Come i protagonisti del romanzo, il medico modenese Giovanni Vezzani e il guerriero saraceno Yusuf Ibn Gwasi, strana coppia di personaggi accumunati dal medesimo ideale, guidati da un unico sogno: rilanciare l’utopia del grande imperatore svevo, spodestare gli Angioini e ridare il vero sovrano a Napoli e alla terra che gli spetta. E tutto il destino è affidato alle grazie di una giovane popolana di Napoli, una vergine bellissima che avrebbe giaciuto per una notte feconda con l’ultimo giovane e sfortunato re svevo, prima della decapitazione. Cercare la donna è il senso del viaggio, trovarla è la speranza che sorge, il resto è tutta meravigliosa follia. E il lettore viene immerso nella storia, travolto in un susseguirsi di imprevedibili avventure, da Lucera, splendida città-giardino araba, alle nebbiose campagne padane, dalla rocca di Castel del Monte alla Toscana. E al centro c’è Napoli, piena di voci, colori, intrighi, odori, feste e riti antichi, violenze e sontuosità, tra luci e sotterfugi, nascondigli e ostentazioni.
E siccome questa mia lettera immaginaria non arriverà mai al destinatario, allora invierò all’Autore un pensiero e gli manderò il mio grazie di cuore, per avermi fatto viaggiare con il suo romanzo, per avermi fatto entrare nella Storia, sentendo nella mente e nel cuore la voce e la speranza di Corradino e soffrendo ed emozionandomi con Cicella, Zeza, Allegra, Ceccuzza, Carola e le altre meravigliose donne descritte tra le pagine assieme alla vergine napoletana.
Daniela Ori